sabato 20 novembre 2010

Scrivere senza radici (Ornela Vorpsi)


Lasciare l'Albania era un sogno che era vietato sognare.
Ciò che si poteva fare, nella "prigione chiamata Albania", era guardare il mondo libero attraverso un filtro, un tubo catodico, una rappresentazione televisiva di ciò che non hai, un mondo dove tutto è facile... il mondo libero è appena al di là di quel mare verdastro e bulboso: passi l'Adriatico, e sei di là. No, non si può. Vietato sognare.
E se capita, a 22 anni, di scappare, di farcela, ecco cosa succede: "L'incontro con la libertà è stata la cosa più spaventosa che mi sia mai successa; è difficile essere liberi, ci si deve educare alla dimensione libertà, e il pericolo più grande è svegliare quell'altra persona che dormiva dentro di te".
Ornela Vorpsi si è educata da sola. Ha scelto una nuova lingua - l'italiano - in cui raccontare le cose che sapeva.

Perché scrive in italiano di cose legate all'Albania?

Ammesso che io sappia rispondere...preciserò che è una risposta parziale. E' quanto sono riuscita a riportare a galla dal mio inconscio, perché scrivere è un processo creativo che - come tutti i processi di creazione, come l'amore - parla la lingua dell'inconscio. Io sono riuscita a capire solo che dovevo usare una lingua nuova, per mettere un filtro tra me e la mia infanzia. Avevo bisogno di una lingua che non fosse dolorosa.

Quindi l'italiano?

Sì, perché è per me una un rifugio. L'italiano è una grotta fragile. Non lo vivo nella sua pienezza, la mia vita da dieci anni si svolge in francese...l'italiano è la lingua di mio marito, di mia figlia, e della mia scrittura. Non è la mia lingua quotidiana.

Quindi lei parla: albanese, italiano, francese; poi parla una lingua "inconscia", e poi altre due almeno: quella della pittura e della fotografia...riesce a dire le stesse cose?

No. Ciò che faccio con la scrittura, quindi con l'italiano, è molto molto diverso da ciò che comunico con la pittura o con la fotografia: sono linguaggi diversi che veicolano messaggi diversi.

L'Accademia della Crusca, rappresentata da una pacatissima e affilatissima Anna Benedetti, dice dell'italiano di Ornela Vorpsi: "Questa italofonia, che noi abbiamo il privilegio di leggere senza la mediazione della traduzione, rinnova la lingua. Non mi riferisco ad anglicismi, neologismi o cose del genere. Mi riferisco ad una lingua piegata a sonorità nuove, che vengono da lontano".
E' un "italiano slogato", come osserva Stefano Giovanardi dalle pagine di Repubblica, uno strumento linguistico nuovissimo e privilegiato.

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, con buona pace di Majakovskij.






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